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mercoledì 9 gennaio 2013

INTERVISTA A CLANDESTINOWEB: IN MERITO ALLA SENTENZA DELLA CORTE UE, L’AMNISTIA E’ L’UNICO PROVVEDIMENTO POSSIBILE

Di seguito l’intervista rilasciata al quotidiano online Clandestinoweb che mi ha chiesto un commento sulla sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.

La Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha condannato, ancora una volta, l’Italia per la situazione in cui versano i detenuti e le carceri. Era già successo nel 2009, ma questa volta, a differenza della prima sentenza, Strasburgo intima allo Stato italiano di prendere provvedimenti entro un anno per risolvere alla radice il problema del sovraffollamento. Questa battaglia è da sempre quella dei Radicali e in particolare a seguire questo caso in prima persona è stato l’avvocato Giuseppe Rossodivita che abbiamo intervistato.

Avvocato lei ha parlato di soddisfazione e sofferenza per questa sentenza, perché?

C’è soddisfazione da un punto di vista politico e professionale per la sentenza che è arrivata dopo l’iniziativa assunta dal Comitato Radicale per la Giustizia Piero Calamandrei, perché quei sette detenuti erano assistiti da me e dalla collega Urciuoli. Una sentenza per la quale la corte ha adottato il procedimento della sentenza pilota ed ha certificato ufficialmente che la violazione dei diritti umani dipende da una mancata soluzione al problema strutturale del sovraffollamento delle carceri. Con questa sentenza, a differenza di quella del 2009 su Sulejmanovic, non solo si chiede il risarcimento del danno ai detenuti ma si invita entro un anno lo Stato italiano ad individuare la strada interna per porre rimedio a questo problema strutturale. Quindi il prossimo governo italiano non potrà esimersi dall’adottare provvedimenti che fanno parte della nostra lista di scopo “Amnistia, Giustizia e Libertà”. Peraltro in un preciso passaggio della sentenza viene stigmatizzato l’eccessivo ricorso alla custodia cautelare, un caso tutto italiano, dove abbiamo il 40% dei detenuti che sono in attesa di giudizio. Quindi la corte condanna il modo di procedere dei pm italiani e invita, ancora una volta, lo Stato a sollecitare la magistratura ad applicare soluzioni di tipo diverso, ampliando il ricorso a misure alternative e riducendo l’applicazione delle misure cautelari e della custodia in carcere.

Però c’è anche sofferenza…

La sofferenza è come cittadino italiano, non mi piace vivere in uno Stato che strutturalmente viola i diritti umani.

La corte ha dato all’Italia un anno di tempo, ce la farà il prossimo governo ad adeguarsi in tempo?

Il tempo, per i tempi della politica italiana, è poco anche perché si tratta di un problema che viene da lontano e per cui tutte le soluzioni che sono state messe sul piatto da parte di chi si è occupato della vicenda si sono rivelate insufficienti. E’ importante sottolineare che la Corte Europea ha anche accertato essere inadeguato quello che finora è stato posto in essere, ovvero il Piano Carceri, la cosiddetta Legge svuotacarceri, termine falso perché non ha svuotato nulla e non ha salvato nulla. Il governo si è anche difeso davanti alla Corte enfatizzando in modo grottesco i risultati ottenuti con questi due provvedimenti, ma Strasburgo, pur avendo apprezzato gli sforzi, ha certificato che questi provvedimenti sono inadeguati. Tra le altre cose dalla prima sentenza del 2009 all’epoca della presentazione di questo ricorso, 2010, il sovraffollamento è passato dal 151% al 148% quindi una riduzione assolutamente insufficiente.

Quindi ci vorranno degli interventi urgenti, voi sostenete da sempre l’amnistia.

L’amnistia è l’unico provvedimento strutturale capace di far rientrare nell’immediato lo Stato italiano nell’albo della legalità. Il nostro Paese è stato ancora una volta condannato dalla Corte europea e, così come la società pretende dai condannati che si adeguino alle prescrizioni imposte dalla sentenza, in questo caso noi pretendiamo che lo Stato condannato di adegui alla decisione della Corte europea. Per noi l’amnistia è l’unica strada immediata che può, in seguito, aprire il varco ad una profonda riforma del sistema giustizia partendo proprio dai suggerimenti della Corte e cioè misure alternative al carcere anche a livello legislativo e meno ricorso alla custodia cautelare da parte dei giudici.